set stage Capogrossi & sunglasses del 23 maggio 2013 h 16:28: ogni allievo indossa il proprio prototipo.
foto Cecilia Polidori
LABORATORY DESIGN methods by use of creative platforms -
Interactive Systems for the Creation and Evolution of Web Platform Projects,
Prototyping, Communication Strategy, Crowdsourcing Design, Processing Platforms,
an experimental project on interoperability of research and teaching of Data-Design
conducted through innovative scenarios and forms of organization of the processes
of interactive and collective learning.
PROJECTS, EXPERIMENTS AND PROTOTYPES WITH DIFFERENT MATERIALS.
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DESIGN 2013/14 n 1 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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DESIGN 2013/14 n 2 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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DESIGN 2013/14 n 3 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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giovedì 14 novembre 2013

Bruno Munari, Enzo Mari e l'Arte Programmata

di gran lunga oltre i parametri di un semplice primo post. va in Bibliografia, ovviamente. 
25 post. cp
Enzo Mari, Timor, 1957

Bruno Munari aveva progettato delle Macchine inutili già negli anni Trenta, annunciando, senza alcuna pretesa di autoreferenzialità, con intuizioni che verranno fatte proprie, successivamente da Tinguely, una strada concettuale e tecnologica per l’arte.
MANIFESTO DEL MACCHINISMO
Il mondo, oggi, è delle macchine.
Noi viviamo in mezzo alle macchine, esse ci aiutano a fare ogni cosa, a lavorare e a svagarsi. Ma cosa sappiamo noi dei loro umori, della loro natura, dei loro difetti animali, se non attraverso cognizioni tecniche, aride e pedanti?
Le macchine si moltiplicano più rapidamente degli uomini, quasi come gli insetti più prolifici; già ci costringono ad occuparci di loro, a perdere molto tempo per le loro cure, ci hanno viziati, dobbiamo tenerle pulite, dar loro da mangiare e da riposare, visitarle continuamente, non far loro mancar nulla. Fra pochi anni saremo i loro piccoli schiavi.
Gli artisti sono i soli che possono salvare l'umanità da questo pericolo. Gli artisti devono interessarsi delle macchine, abbandonare i romantici pennelli, la polverosa tavolozza, la tela e il telaio; devono cominciare a conoscere l'anatomia meccanica, il linguaggio meccanico, capire la natura delle macchine, distrarle facendole funzionare in modo irregolare, creare opere d'arte con le stesse macchine, con i loro stessi mezzi.
Non più colori a olio ma fiamma ossidrica, reagenti chimici, cromature, ruggine, colorazioni anodiche, alterazioni termiche.
Non più tela e telaio ma metalli, materie plastiche, gomme e resine sintetiche.
Forme, colori, movimenti, rumori del mondo meccanico non più visti dal di fuori e rifatti a freddo, ma composti armonicamente.
La macchina di oggi è un mostro!
La macchina deve diventare un'opera d'arte!
Noi scopriremo l'arte delle macchine!
Bruno Munari, 1938
Jean Tinguely foto di RENE' BURRI da http://fondazionemerz.org/mostre-esposizioni/prossime-mostre/
E' il 1960 quando a Parigi, con l'intenzione di trovare "nuovi approcci percettivi al reale", Jean Tinguely sottoscrive il Manifesto del Neorealismo. Il riferimento all'opera di Bruno Munari appare chiaro... 

Jean Tinguely, Trottinette, 1960 da MUSEUM TINGUELY  http://www.tinguely.ch/de/museum_sammlung/jean_tinguely.html

 Jean Tinguely, Eureka, 1964 da MUSEUM TINGUELY http://www.tinguely.ch/de/museum_sammlung/jean_tinguely.html
 Jean Tinguely, Dissecting Machine, 1965 da SIKART http://www.sikart.ch/KuenstlerInnen.aspx?id=4022334
Bruno Munari, Negativi Positivi
Poi, sempre Munari aveva inventato i Negativi-positivi e i Polariscop, oggetti cinetici luminosi a luce polarizzata, che, nei primi anni Cinquanta probabilmente segnavano i primi esperimenti di Arte Programmata, senza nemmeno che di questa fosse stata ancora riconosciuta la nascita. 



Al 1949 risale questo commento di Gillo Dorfles: «Munari ha sempre cercato di sviluppare nelle sue opere […] l’elemento metaforico: ha cercato di fissare il divenire nel momento, di porre un argine alla durata delle forme nello spazio, dei colori sulla tela, delle linee di forza nei loro impreveduti tragitti. Da questa sua ricerca sono nate quelle creature aeree – leggere bacchette sospese a fili aerei – che un soffio mette in moto e dispone in mutevoli rapporti spaziali».
Gillo DORFLES, Presentazione del catalogo Mostra di macchine inutili e pitture di Bruno Munari, "Bruno Munari", Mostra, Milano 1949, ed. a cura della Libreria Salto
http://www.munart.org/doc/bruno-munari-g-dorfles-1949.pdf
"Enzo Mari ha significato, proprio nella sua esperienza solitaria, il massimo di collettivismo, il massimo di radicalismo, il massimo di ideologia, ma anche di rigore operativo, probabilmente di tutta l’esperienza dell’Arte Cinetica e Programmata.
Che in lui ha conosciuto un antesignano, un annunciatore e uno stimolo al tempo stesso (soprattutto con le ricerche programmate sullo spazio della metà degli anni Cinquanta), più che un partecipante; poiché, infatti, la sua ricerca, che non lasciava margini per opzioni aleatorie, che non era sollecitata dalla casualità e dalla variabilità, si andò Dimostrando più prossima alla poetica costruttivista che a quella dell’Arte Programmata."
Di cui pure abbracciava in toto le aspettative per un’arte educativa, tecnologicamente avanzata, progettualmente determinata, dunque misurabile, ma che per Mari, come già intuiva Max Bill, non poteva concedersi alcuna digressione sul piano della ricognizione formale e della virtualità percettiva: "L’arte concreta, in origine, è caratterizzata dalla struttura. La struttura dalla composizione nell’idea […]. E le leggi della struttura sono: l’allineamento; il ritmo; la progressione; la polarità; la regolarità; la logica dello svolgimento […]. Così anche Enzo Mari. Le sue strutture stanno nel punto d’incontro fra pittura e plastica. Lo spazio predomina sul colore. Gli elementi delle sue opere sono: identiche dimensioni e loro progressiva trasformazione, tridimensionalità nella costruzione, ingrandimento della superficie fino al quintuplo mediante lamelle poggiate verticalmente, in conseguenza di ciò mutazione dell’immagine del quadro a seconda del punto di vista di chi osserva e del suo movimento nello spazio. Questo si riferisce a quei rilievi di gruppi di quadrati del 1956-57. Tutti colorati tra il nero e il bianco […]" 
Max BILL, in Max Bill e Bruno Munari, Enzo Mari, Muggiani Editore, Milano 1959

Enzo Mari, Serigrafia su legno, 1958 da NEURA MAGAZINE http://www.neuramagazine.com/quarantanni-darte-corraini/
"Per rendere più lineari i risultati delle mie ricerche, ne organizzo in modo sistematico le fasi: il concetto di programma diventa prima l’asse portante, poi l’obiettivo finale del mio lavoro .Sto parlando di quel tipo d’indagini che vanno sotto il nome di Arte Programmata" Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2011, pag.41   
Enzo Mari, nove oggetti per la produzione Danese, 1960-69. Dall’alto: vasi Fitomorfici; vaso Camicia; portaghiaccio Antille; vassoio Arran; doppio vaso Pago Pago; portafrutta Adal; caraffa Trinidad; contenitore da tavola Java; ciotole Tongareva da MD Post-it http://www.materialdesign.it/it/post-it/opera-e-serie-di-enzo-mari-progetto-e-produzione-tra-arte-industria-e-artigianato-_13_421.htm
Enzo Mari, Libreria componibile Glifo, dettagli del giunto (a sinistra) e scorcio di una composizione dei moduli in plastica stampati ad iniezione, 1966-68. Produzione Gavina da MD Post-it http://www.materialdesign.it/it/post-it/opera-e-serie-di-enzo-mari-progetto-e-produzione-tra-arte-industria-e-artigianato-_13_421.htm
Enzo Mari, Proposta per la lavorazione a mano della porcellana, serie Samos, 1973.
per Mari l’opera d’arte era il modello o il prodotto di una ricerca che si basava su una precisa metodologia di lavoro, consistente in una costante progettazione. Si trattava, dunque, di un modo quasi scientifico di intendere l’arte, non più esito di un moto romantico dello spirito saturnino, ma esito o mezzo di una ricerca che per metodologia si avvicinava molto alla progettazione architettonica o di design.”
Simona SCOPELLITI, Il design degli anni Sessanta e Settanta : un nuovo modo di intendere l'utenza, tra progetti di utopia radicale e impegno sociale , pag. 149 - http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/1711/825991-126302.pdf?sequence=2

Enzo Mari, Cilindro P, multiplo in resina poliestere, 1959-63. Edizioni Danese
da MD Post-it http://www.materialdesign.it/it/post-it/opera-e-serie-di-enzo-mari-progetto-e-produzione-tra-arte-industria-e-artigianato-_13_421.htm
A Padova nel 1959, si costituisce il Gruppo N
(Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi),

a Milano nel 1959 il
 Gruppo T (Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele Devecchi, Grazia Varisco).

Con questi gruppi Mari nel 1963 avrebbe firmato il manifesto dell’Arte Programmata: Arte e libertà, impegno ideologico nelle correnti artistiche contemporanee, dove si criticava l’idea romantica di arte come espressione isolata della soggettività dell’artista e si proponeva di contro un’arte oggettiva concepita per la collettività e comprensibile da tutti: “La ricerca, concretata attraverso tutte le possibilità della comunicazione visiva (oggetti, film, opere grafiche ecc.) deve essere proposta attraverso i mezzi specifici (percezione visiva) usati con la massima economia (regole gestalt-psicologiche) per stabilire con lo spettatore un contatto, che sia ilmeno possibile affidato ad ambiguità interpretative individuali (cultura, umore, contingenze geografiche, gusti)”.
AAVV, Arte e libertà, impegno ideologico nelle correnti artistiche contemporanee, in "Il Verri" n.12-1963, Feltrinelli Editore, Milano 1963. 

"In quella sede, inoltre, veniva esplicitato il ruolo dell’opera d’arte che aveva il compito di attivare la coscienza critica e contribuire all’azione rivoluzionaria. Seguiva una critica dell’idea di cultura della società contemporanea, in cui questa veniva sfruttata e strumentalizzata secondo le finalità dei gruppi di potere. Per porre fine alla distorsione capitalistica dell’arte, veniva, inoltre, proposto che si conducesse sui fenomeni estetici una verifica sistematica di tipo scientifico, in cui ogni singolo approfondimento sarebbe stato svolto come un’azione di gruppo che avrebbe portato a risultati senza firma". (Simona SCOPELLITI, Op. cit. , pag. 150.)
Dal 1962 il consolidamento delle ricerche determina il proliferare di mostre e Gallerie e Musei che si occupano del movimento divengono nel periodo delle esposizioni dei veri e propri cenacoli, offrendo nello stesso tempo l’opportunità di mostrare i risultati via via raggiunti e di confrontare esperienze di metodi e lavoro.
Gli episodi più importanti dell’anno sono le mostre di Enzo Mari e di Getulio Alviani a Zagabria, Galerija Suvremene Umjetnosti, l’esposizione del GRAV a Padova presso lo Studio Enne e la mostra “Arte programmata” allestita nel Negozio Olivetti di Milano da Munari e Giorgio Soavi.

«A me pare che già ci si trovi nei pressi dell’annuncio della nuova grande avventura!
A parte le formidabili anticipazioni di Munari, comunque, l’Italia fu davvero decisiva per il sorgere e ancor più per lo svilupparsi di questo movimento.
Se Parigi fu infatti il quartier generale e il centro di irradiazione e diffusione del verbo programmatico e cinetico, l’Italia ne fu il vero laboratorio, l’officina inesausta e brulicante di operatori affamati di tecnologia, modernità, e di progettualità al confine fra utopia, sogno e scienza. Oltretutto il termine “Programmata” nacque proprio in Italia, con la felice intuizione lessicale di Umberto Eco, in occasione della ormai celeberrima mostra al Negozio Olivetti di Milano, nel 1962, cui seguirono le esposizioni sempre della Olivetti, a Venezia e a Trieste.»
Giovanni GRANZOTTO, Arte Programmata e Cinetica: origini, successo, declino e rinascita, in AAVV, “Percezione e Illusione” arte programmata e cinetica italiana, Mostra, Buenos Aires 2013, ed. Il Cigno GG, Roma 2012 pag. 15 - http://www.studioartegr.com/images/mostre/Progetto%20definitivo.pdf
http://www.youtube.com/watch?v=8gTuxD4iK6U
  Bruno Munari, Colonna a 9 sfere, 1962
Alberto Biasi, Interferenza Dinamica, 1961 
da FLAMINIO GUALDONI http://flaminiogualdoni.com/?p=10123

 Ennio Chiggio, Bispazio Instabile, 1962 da FLAMINIO GUALDONI http://flaminiogualdoni.com/?p=10123
 


 Manfredo Massironi,
Tony Costa, Visione Dinamica, 1962 da AT CASA http://atcasa.corriere.it/Biennale-Architettura-2012/In-citta/2012/08/31/olivetti-arte-programmata-munari-scarpa_11.shtml 

"Il movimento dell’arte programmata approfondisce ed accentua (...), non tanto la problematica ‘ingegneristica’ e ‘architettonica’ della creatività, quanto l’aspetto ‘etico’ complessivo dell’arte, del suo farsi, del suo organizzarsi, del suo diffondersi; in questo senso esso rappresenta un momento storico comunque nodale, poichè l’operazione creativa viene definitivamente a perdere ogni componente spiritualistica che, nonostante tutto, aveva caratterizzato quasi tutte le avanguardie storiche e perciò conquistando una precisa configurazione laica, antiromantica ed antimetafisica: all’intrecciarsi delle due forze vitali della cultura profonda delle avanguardie, lo spiritualismo e il materialismo, questo momento storico sostituirà il coniugarsi di razionalismo scientifico e di ideologia politica, compensando la perdita consequenziale del ‘poetico’, dell’universale interiore, con una diffusione universale dell’arte, con una ostentazione dimostrativa dei meccanismi più segreti della invenzione creativa, con la fissazione dei linguaggi formali su codici linguistici ossessivamente minimali e geometrici. 
Proprio per ciò il movimento dell’arte ‘programmata’ tende ineluttabilmente a confrontarsi con l’ ’arte progettata’, con l’arte cioè realmente ‘costruttiva’, progettuale ed architettonica." (Ernesto L. FRANCALANCI, Note su alcuni materiali teorici dalle avanguardie storiche agli anni ’60, "Lea Vergine, L’ultima avanguardia. Arte programmata e cinetica 1953/1963", Mostra, Milano 1983, ed. Mazzotta).

Ispirandosi all'Arte Programmata, anzi acquisendone la ricerca, lo spirito e i principali esponenti, con fondamentale interesse per i fenomeni percettivi e cinetici, nasce negli States, in contrapposizione alla Pop Art, l'Optical Art, poi contratta in Op Art.
http://www.youtube.com/watch?v=vaUme6DY8Lk
Fu la rassegna 'The Responsive Eye', del 1965, organizzata per il M.O.M.A. di New York da William Seitz, a portarla alla ribalta, grazie agli artisti provenienti da ogni parte del mondo, dai francesi Vasarely e Morellet all'inglese Riley, dagli italiani del Gruppo N ai Gersterner e Mack, all'israeliano Agam agli americani Louis, Stella, Noland e Albers.


Trailer di "The Responsive Eye"

Documentario  The Responsive Eye di Brian de Palma, 1965
"Più la modernità si agita per inventare umane soluzioni o anche soltanto umane distrazioni alle domande oscure che non avranno mai risposta e più la modernità produce insopportabili solitudini."
Ettore SOTTSASS, Foto dal Finestrino, Adelphi, Milano 2012, pag.25







Antonino Sinicropi

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